MAGAZZENO STORICO VERBANESE

... a partire da un'idea di Giovanni Andrea Binda (1803-1874)

La Compagnia de’ Bindoni

 

Potrà sembrare strano a qualcuno che si vari una pur minuscola casa editrice attribuendosi un’impresa contenente un epiteto, “bindoni”, che tanti cultori del vernacolo lombardo sanno avere una connotazione negativa: “perdigiorno, persona inutile, bighellone”.
La Compagnia de’ Bindoni viene alla luce con tutt’altra aspirazione che l’essere inutile; nasce con lo scopo di produrre testi di cultura verbanese, ma vuol anche ricordare nel proprio nome che la dinastia di quelli che furono forse tra i massimi editori veneziani per tutto il Cinquecento, i Bindoni appunto, proveniva da un luogo dei più affascinanti che siano al mondo: l’Isella di Sotto del lago Maggiore, che poi, insediatisi i Borromeo a partire dalla prima metà del Seicento, sarebbe stata universalmente conosciuta con il nome di isola Bella. Così riporta anche Ferdinando Cova, nel proprio sito bosino (poi ampliando in Aa.Vv., Editori e tipografi a Varese. L`editoria nel circondario di Varese dal Settecento alla metà del Novecento, Lativa, Varese 2001): Originari dell`Isola Bella si sono affermati a Venezia, attivi dal 1506 al 1558, i fratelli Agostino, Alessandro, Benedetto e Bernardino Bindoni, successivamente i figli saranno continuatori della tipografia fino almeno al 1599. Agostino si firma ”Agostino Bindoni dell`Isola Bella del Lago Maggiore” o ”Agostino Bindoni milanese”: sono stati editori di alcuni splendidi volumi figurati (doverosa correzione: impossibile che Agostino Bindoni parlasse dell’Isola Bella, visto che essa così fu apostrofata solo dal pieno Settecento, quando oramai era tramontata e la stella veneziana dei Bindoni, e la denominazione in Isabella, voluta a partire dal 1632 dal conte Carlo III Borromeo in onore della moglie Isabella D’Adda).
Sta di fatto che i Bindoni si trasferirono a Venezia dall’Isola (dove comunque almeno un ramo della famiglia restò sino al pieno Seicento: V. De Vit, Il lago Maggiore…, s.v. Bendoni, Bernardino, Francesco, Giambattista, Gian Giacomo, vol. III, p. 442; Bendoni Gio. Pietro, sacerdote, vol. II, p. 218 e vol. III, p. 442) in forze: caviamo dall’utilissimo sito http://edit16.iccu.sbn.it/ i dati relativi ad almeno tre generazioni di tipografi Bindoni, che ebbero quali capostipiti i fratelli Alessandro (primo a trasferirsi a Venezia nel 1505 e ivi morto tra la fine del 1522 e l’inizio del 1523), Agostino (così edit16: Stampò sia da solo che in società con Benedetto e con Bernardino. Non si conoscono sue edizioni dopo il 1558. Ebbe 5 figli, tra cui Stefano e Marco, entrambi tipografi), Benedetto (attivo tra 1521 e 1549) e Bernardino (così edit16: Nel 1547, pur conservando la tipografia a Venezia, che affidò al figlio Giovanni Antonio, si trasferì a Padova, dove fu in società, per un breve periodo, con Giacomo Fabriano. Nel 1548 tornò a Venezia, dove tenne bottega a San Luca in calle dei Fuseri. Nel 1551 venne bandito da Venezia insieme al figlio Giovanni Antonio, per vendita di libri proibiti; vi tornò nel 1562).
Vasta la produzione libraria dei vari stampatori Bindoni, da soli o in società tra loro o con altri esterni alla famiglia: le voci di edit16 listano oltre trecento stampe, spazianti dal primo ‘500 sin sulla soglia del ‘600.
Bernardino Bindoni nella propria marca tipografica ribadì quando la propria appartenenza al ducato di Milano (Bernardinus Bindonus mediolanensis), quando – specie nei primissimi lavori, risalenti al 1533-1535 – la propria origine verbanese: per Bernardinum de Bindonis de l`isola del Laggo Maggiore(Libro de lo innamoramento di re Carlo magno imperatore di Roma, et de Orlando e Rinaldo, e tutti li suoi paladini, 1533); per Bernardin de Bendoni milanese de l`isola del lago Maggiore, (Legendario di santi volgare historiato, nuouamente reuisto et consumma [!] diligentia castigado, 1535-1536).

cdb

Sicché la Compagnia de’ Bindoni si dichiara fiduciosa di raccogliere l’insegnamento di questa antica e blasonata dinastia di tipografi; e lo fa inserendo nella propria marca un altro antico riferimento al lavoro pro Verbano: si tratta di un uomo, in abiti di fine Settecento (codino nastrato compreso), intento a vangare. Merita indicare la fonte di tale piccola incisione, ospitata nella quarta di copertina di un volumetto in ottavo, che costituisce la discussione della tesi di laurea del medico angerese Stefano Castiglioni. Fu il Castiglioni uomo di cultura (tanto da venir citato dal Biondelli come appassionato di archeologia… praticata vangando il giardino del palazzo di famiglia, giusto sotto la rocca di Angera); laureòssi a Pavia nel 1836 con unaDissertatio inauguralis al titolo di Floruncula cavedii Collegii Borromaei.

Come quindi il Castiglioni sudò e faticò a vangar fuori della terra angerese venerande anticaglie che luce gettarono sull’epoca romana nelle terre nostre di lago, così la Compagnia de’ Bindoni si augura di ben faticare a metter fuori tanti e tanti studi di cose verbanesi.

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