A Romano Broggini (1925-2014) il destino ha dato tre doni preziosi: una intelligenza curiosa, mai sazia, dotta e non pedante, che lo ha portato a eccellere negli studi e nelle ricerche sul suo, sul nostro amato lago Maggiore; una vita lunga e operosa, cui solo l’ultima malattia ha ridotto, ma non azzerato la voglia di scrivere e di studiare le tradizioni, gli usi, le lingue, la storia sociale, religiosa, politica, la vita insomma delle genti di lago; un carattere irruente e focoso, non facile, ma generoso e sempre sorprendente per la capacità di studio, per la rete di sterminate conoscenze culturali, gli entusiasmi giovanili anche in età senile.

Gli si poteva forse rimproverare – e subito perdonare – una ostilità ruvida, tutta d’un pezzo, da studioso “veterano”, per i mezzi informatici, in cui Broggini mai credette e che anzi contrastò fieramente; ma è meglio avere un avversario del suo calibro, da ammirare per la passione che lo contraddistingue, e per la montagna di insegnamenti preziosi che impartisce giorno dopo giorno, dalle colonne del “suo” giornale (perché fu anche giornalista), dalle pagine eleganti e piene di verve dei propri studi (perché fu fine scrittore oltre che capace di stendere articoli e memorie di studio), dai libri pubblicati da sé (perché fu pure editore in proprio), piuttosto che imbattersi in qualcuno di modesto, trascurabile, da cui non si può raccogliere una eredità.

Broggini ce ne lascia una ricchissima, che ce lo fa porre insieme al suo amato Carlo Salvioni, e ai pochi studiosi di gran vaglia che hanno sondato e sondato e sondato le tre sponde del nostro lago e le anime delle genti verbanesi: è anch’egli a tutto diritto tra i nostri fondamentali maestri.

Carlo Salvioni

(immagine tratta da

http://www4.ti.ch/decs/dcsu/cosa-facciamo/testi-per-la-storia-della-cultura-della-svizzera-italiana/testi-e-autori/testi-pubblicati/carlo-salvioni-gli-scritti-linguistici/)